Fiori da mangiare: un nuovo business

Tra i tanti business di cui sentiremo parlare nel prossimo futuro c’è sicuramente quello che riguarda la vendita dei fiori da mangiare. Una tendenza che sta già spopolando da diverso tempo e che, ben presto, conoscerà un’impennata significativa dei consumi e dell’utilizzo anche nella nostra cucina italiana. Se pensiamo ai business che hanno segnato gli ultimi anni, come ad esempio quello degli integratori alimentari, ci troviamo a una novità assoluta in quanto l’uso dei fiori in cucina è ancora un trend di nicchia.

Come detto, quella che inizialmente sembrava solo il vezzo di qualche chef visionario, potrebbe ben presto essere il vero e proprio business forte del 2021 e degli anni a seguire. Infatti i fiori da mangiare si inseriscono perfettamente in quella che è la tendenza e la ricerca di una cucina sempre più green e salutista anche se, il più delle volte, il loro utilizzo ha una funzione esclusivamente estetica e decorativa.

L’idea che c’è dietro l’utilizzo in cucina di questi fiori commestibili è quella di rendere unici e davvero belli da vedere alcuni piatti che già conosciamo bene: infatti i loro compito è quello di dare maggiore colore a insalate estive o piatti che sennò risulterebbero monotono o addirittura tristi. Come vedremo in questo articolo, però, sono ancora tante le cose da scoprire e da conoscere su questo universo ancora poco conosciuto ed esplorato.

Il business dei fiori da mangiare

Metti una manciata di petali colorati e come per incanto semplici frittate, risotti e involtini diventano piatti chic e gourmet. Torna prepotente l’uso in cucina dei fiori edibili da assaggiare nel piatto durante tutto l’anno, dalle primule alle violette, passando dai nasturzi alle calendule. Questo con la complicità di tanti chef che hanno dato vita a vere e proprie degustazioni floreali, ideando ricette di alto impatto estetico per stimolare la fantasia dei consumatori.

Contrariamente all’immaginario collettivo solo alcuni fiori sono dolci, molti invece hanno sapori aciduli, amari, sapidi, perfino frizzanti per arrivare ad avere un retrogusto di aglio. Insomma ce n’è per tutti i piatti.

“Il fiore edule è tra i novel food l’unico a racchiudere tutti gli stimoli che i nostri 5 sensi possono percepire: bellezza, sapore, profumo, texture e croccantezza”, spiega Barbara Ruffoni, ricercatrice del Crea Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, che ha condotto un progetto italo-francese per sviluppare su larga scala questa filiera, attività ancora oggi dal prevalente approccio artigianale. Basti pensare che la struttura produttiva media costituita da piccole aziende dedica a questa coltivazione 0,59 ettari in Italia e 0,48 ettari in Francia.

Le aziende

Eppure il numero delle aziende è notevolmente aumentato negli ultimi 5 anni, a conferma di un incremento delle richieste di un mercato molto promettente che però sta crescendo senza un preciso orientamento. E proprio per capire come e dove sviluppare il comparto, il progetto Crea ha coinvolto anche 40 chef italiani e francesi e food blogger, secondo i quali le specie di fiori più utilizzate sono Borragine, Viola, Nasturzio e Begonia, mentre i fattori che limitano il loro impiego nel mercato e in particolare nella ristorazione sono la deperibilità e la reperibilità del prodotto; e questo si riflette anche nella necessità di conservare il prodotto. Come ricorda il Crea, i fiori eduli sono poverissimi di grassi e ricchi di sostanze nutritive come minerali, proteine e vitamine A e C; molti vantano un elevato contenuto di antiossidanti dovuto al contenuto di flavonoidi e carotenoidi, le molecole che ne determinano il colore. Un insieme di contenuti nutrizionali che ne fanno un ideale complemento alle diete vegetariane, vegane e crudiste. Tra l’altro non contengono allergeni da segnalare in modo obbligatorio e vengono coltivati in assenza di fitofarmaci, prevalentemente in regime di coltivazione biologica a garanzia della salubrità del prodotto.