Il business delle sigarette elettroniche in Italia vale molto perché questo delicato settore è particolarmente vivace nel nostro Paese, anzi è uno dei più dinamici di tutta Europa.
Il 3% della popolazione adulta, infatti, utilizza abitualmente la sigaretta elettronica. Questa percentuale è destinata a crescere anno dopo anno. Un business che è iniziato con un boom nel biennio 2005-2007 con l’apertura in Italia di numerosi punti vendita di e-cig. Boom favorito anche dai fumatori di sigarette che, per la curiosità, per il risparmio rispetto alle “bionde”, ma soprattutto per trarre benefici per la propria salute, iniziavano ad affidarsi a questi nuovi dispositivi.
Tra il 2010 e il 2014 si assiste ad una progressiva chiusura dei negozi fisici e all’apertura di numerosi portali web e rivenditori digitali che offrono una vasta gamma di prodotti in vendita. Ma è solo nel 2016 che hanno cominciato ad emergere i primi consistenti fatturati di questo settore che, proprio per questo, è stato subito preso di mira dai governicon una tassazione crescente sulle sigarette elettroniche, come è stato sottolineato da uno studio elaborato da Casmef Luiss.
Se da un lato, infatti, le sigarette tradizionali dal 2018 ad oggi hanno registrato un calo nei consumi pari all’8,4%, dall’altro si è visto un aumento del 250%, nei volumi di vendita delle sigarette elettroniche.
Casmef Luiss evidenzia la crescita del mercato delle sigarette elettroniche
Il Centro Arcelli per gli Studi Monetari e Fiscali dell’università Luiss ha presentato uno studio nel quale si analizza il mercato italiano della sigaretta elettronica, mettendo sotto osservazione in maniera particolare la relazione fra l’evoluzione della domanda e il regime fiscale.
Lo studio evidenzia come l’Europa sia per la sigaretta elettronica addirittura il secondo mercato mondiale dopo quello degli Stati Uniti, difatti nel 2019 ha fatto registrare un fatturato di vendita pari a 4,8 miliardi di dollari. Cinque Paesi europei si distinguono per volumi di vendita di sigarette elettroniche: Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Polonia, mentre in altri Paesi come Spagna, Grecia e Portogallo le e-cig sono state introdotte solo in anni più recenti.
Lo studio del Casmef ipotizza che il business delle sigarette elettroniche possa arrivare addirittura a toccare i 7 miliardi di euro entro il 2024, con un potenziale di crescita davvero interessante.
In questo contesto globale, il mercato italiano è uno dei più vivaci in Europa, con il 3% della popolazione in età adulta che fa uso di sigarette elettroniche e che rappresenta circa il 10% dell’intero volume del mercato europeo.
Dal 2016 i volumi di vendite in Italia hanno iniziato ad incrementarsi notevolmente, crescendo addirittura del 203,5% rispetto al 2015.
Business delle sigarette elettroniche nel mirino dei governi
Naturalmente, un mercato così fiorente e in vertiginosa ascesa non poteva non destare le attenzioni dei vari governi che si sono succeduti, mediante non solamente una maggiore regolamentazione del settore, ma soprattutto con un innalzamento dei livelli di tassazione sui liquidi per sigaretta elettronica. Tuttavia, questa crescente tassazione ha prodotto un effetto contrario, ovvero una contrazione dei volumi di vendita nel 2017 pari al 12,7% che ha portato con sé una riduzione nel gettito fiscale, attestatosi a 3,4 milioni di euro contro i 5 milioni di euro previsti.
A seguito di questi risultati negativi, il governo nel 2018 ha messo mano alla tassazione alleggerendola e consentendo così una ripresa del segmento che ha ricominciato a crescere a ritmi sostenuti. Infatti, già nel 2018 il volume di vendita complessivo è aumentato del 4,5%, nel 2019 del 14,5% e nel 2020 di oltre il 21%.
Grazie anche ad una riduzione delle accise nel 2019, il business delle sigarette elettroniche si è attestato a 600 milioni di euro nel 2019 e ad oltre 720 milioni di euro nel 2020.
Da tutto questo, quindi, si capisce molto chiaramente che, almeno in Italia, l’andamento della domanda della sigaretta elettronica è strettamente connesso al livello di tassazione.
Sigaretta elettronica: opportunità fra maggiori entrate fiscali e sanità pubblica
A differenza del mercato della sigaretta tradizionale che è caratterizzato da pochissimi produttori e pochi canali di vendita, quello della sigaretta elettronica appare invece un mercato molto più frammentato sia sul lato dei produttori che su quello dei canali di distribuzione. Questa frammentazione, ovviamente, porta con sé anche delle difficoltà maggiori dal punto di vista della raccolta erariale, senza considerare che ancora non esiste un quadro normativo unico a livello europeo in termini di tassazione dei prodotti legati alla sigaretta elettronica.
Poiché come abbiamo visto i volumi di vendita sono direttamente dipendenti dalla pressione fiscale, sarebbe logico aspettarsi un livello di tassazione inferiore rispetto a quella sul tabacco, considerando i rischi minori per la salute rispetto alle sigarette tradizionali.
Gli studi hanno evidenziato i benefici per la salute di chi passa dal fumo di sigaretta all’utilizzo delle nuove sigarette elettroniche e, di conseguenza, anche un minor impatto sui costi della spesa sanitaria pubblica. Esiste, quindi, un evidente legame fra gli obiettivi fiscali e gli obiettivi di salute pubblica dello Stato.
La sigaretta elettronica come strumento per combattere la dipendenza dal fumo
Le ricerche degli ultimi anni hanno ampiamente dimostrato che l’uso della sigaretta elettronica come strumento per smettere di fumare è efficace per combattere la dipendenza dal fumo e che coloro che hanno iniziato ad utilizzarla è più probabile che continueranno a farne uso, convertendosi definitivamente al vaping.
Le sigarette elettroniche inoltre non costituiscono per i non fumatori un canale di accesso al consumo dei prodotti del tabacco. Stando così la situazione, ne consegue che per ogni persona che si converte al vaping ne deriveranno benefici per la collettività, con un decremento nei costi della sanità pubblica.
Una corretta rimodulazione della pressione fiscale sul settore delle sigarette elettroniche avrebbe riflessi positivisulla salute pubblica dello Stato.
Viceversa, un carico fiscale eccessivo sull’intero business delle sigarette elettroniche, con il solo obiettivo di aumentare il gettito per lo Stato, avrebbe i seguenti impatti negativi:
- si scoraggerebbero i fumatori dal convertirsi al vaping che ha minori rischi per la salute, visto che il differenziale di prezzo fra sigaretta tradizionale e sigaretta elettronica verrebbe annullato. In questo modo fallirebbero anche le politiche sociali volte a combattere i rischi derivanti dalla dipendenza dal fumo;
- si determinerebbero forti perdite dal punto di vista delle entrate per l’erario, sortendo addirittura l’effetto opposto a quello sperato in quanto si verificherebbe un sensibile calo nei volumi di vendita dei dispositivi elettronici, come avvenuto ad esempio anche in Portogallo. In questo caso non solo lo Stato non centrerebbe gli obiettivi fiscali, ma neanche quelli di salute pubblica;
- si incentiverebbe il commercio illecito. Pur sussistendo il divieto di vendita online transfrontaliera, un regime impositivo particolarmente svantaggioso potrebbe favorire la migrazione dei produttori verso Paesi con regimi fiscali più favorevoli.
Da più parti è stato fatto notare che la soluzione al problema delle esigenze di maggior gettito fiscale potrebbero essere risolto perseguendo una più efficace lotta al contrabbando delle sigarette e alla elusione fiscale che ne deriva, anziché aumentando la tassazione sulle sigarette elettroniche.
Occorre una netta distinzione fra i prodotti del vaping e quelli del tabacco
Roberta Palazzetti, presidente di British American Tobacco Italia, sostiene che «le sigarette elettroniche, rispetto ai prodotti del tabacco, rappresentano oggettivamente una categoria diversa e a sé stante. Non solo perché nelle e-cig manca, ‘fisicamente’, la presenza del tabacco; ma anche in relazione al concetto di spettro del rischio che vede la comunità scientifica sempre più orientata verso il riconoscimento della potenziale riduzione del rischio associato all’uso delle sigarette elettroniche, rispetto alle sigarette e agli altri prodotti contenenti tabacco. È quindi necessario distinguere in modo netto i prodotti da vaping da quelli del tabacco: una distinzione che, auspichiamo, non potrà che riflettersi in un diverso inquadramento e in un diverso trattamento sotto il profilo regolatorio e fiscale, in linea con le diverse peculiarità di questi prodotti, specialmente in termini di ridotto potenziale di rischio».