Divieto di licenziamento DL 18/202, quando non si applica

Le imprese messe letteralmente in ginocchio dalla diffusione del covid sono tantissime da marzo a oggi, soprattutto quelle del comparto turistico e della ristorazione. In un primo momento i licenziamenti sono stati numerosi per motivi economici: i titolari delle attività non lavorando non riuscivano più a pagare gli stipendi dei dipendenti. Il Governo ha quindi disposto, mediante l’art. 46 del Decreto Legge 17 marzo 2020n. 18, la sospensione per 5 mesi dall’entrata in vigore della normativa, di tali licenziamenti. Ci sono, tuttavia, dei casi in cui il divieto di licenziamento decade.

Divieto di licenziamento, cosa dice la normativa

Il Decreto Legge del 17 marzo impone che, per 5 mesi dall’entrata in vigore del Decreto Cura Italia, il divieto di licenziare i dipendenti per motivi economici e/o organizzativi, a prescindere da quella che è la dimensione occupazionale dell’azienda e dal numero dei dipendenti.

Il decreto, tuttavia, non è privo di dubbi interpretativi riguardo all’applicabilità, per esempio, nel caso di licenziamento individuale del dirigente. In questo caso, come risaputo, non si può applicare per il dirigente la motivazione di giustificato motivo così come espresso nell’art. 3 della L. n. 604/66, mentre vi è una sorta di “giustificazione” normata dalla contrattazione collettiva.

L’art. 46 si riferisce nello specifico all’art, 3 della L. n. 604/1996, pertanto, se si applica alla lettera quanto scritto nel Decreto Cura Italia, la disposizione è da ritenersi inapplicabile ai dirigenti che godono di tutele contrattuali e non di quelle previste dalla normativa.

In questo caso però ci troviamo davanti a un altro nodo, ovvero: la ratio che impone il blocco dei licenziamenti per motivi economici è determinata da un’emergenza sanitaria, che ha richiesto un altrettanto urgente provvedimento, e non dall’andamento dei mercati, quindi nasce nuovamente il dubbio se sia lecito o meno applicarla ai dirigenti.

Bisogna poi distinguere tra dirigente apicale e non apicale, nel primo caso vi è la possibilità d licenziamento. Ma non è questo l’unico dubbio interpretativo.

Licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo

Altro caso dubbioso è il seguente. Se il datore di lavoro occupa alle sue dipendenze un numero di dipendenti superiore a 15, e intende licenziarli per motivi economici e organizzativi, uno o più di uno, se sono stati assunti prima del 7 marzo 2015 si deve seguire una specifica proceduta.

Tale procedura è normata dall’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n.604. Prima di licenziare, il datore di lavoro deve comunicare tale intento all’Ispettorato del territorio e deve altresì indicarne le motivazioni e le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore o lavoratori interessati da tale procedimento.

A questo punto l’ispettorato convoca ambo le parti per una conciliazione della controversia, se tale tentativo non va a buon fine il datore di lavoro può licenziare.

Con l’entrata in vigore del Decreto Legge n. 18/2020, si dispone che la sospensione di tutti i procedimenti amministrativi sia sospesa, inclusa la decorrenza dei 7 giorni per la convocazione delle parti che era previsa dall’art. 7 della L. n. 604. Va chiarito, tuttavia, che durante tale sospensione non si può considerare già cessato il rapporto di lavoro, motivo per il quale il dipendente deve comunque essere retribuito.

Eventualmente, l’impresa può decidere di erogare l’indennità d preavviso stabilita dal contratto collettivo in attesa che la procedura giunga a conclusione. Se l’indennità non fosse sufficiente a coprire tutto il periodo, il lavoratore dovrà ricevere la una retribuzione fino a conclusione del periodo di sospensione.

I licenziamenti che non rientrano nel blocco

Va sottolineato che esiste un dubbio sul divieto di licenziamento patto di prova apprendista e altre casistiche, proviamo a fare chiarezza caso per caso.

Ci sono diverse casistiche in cui il divieto di licenziamento non è applicabile, dunque il lavoratore può, comunque, essere licenziato, e sono i seguenti casi:

  • Licenziamenti per giusta causa: il datore di lavoro è comunque obbligato alla tutela del lavoratore secondo quanto previsto dall’art. 7 della L. n. 300/1970;
  • Licenziamenti per giustificato motivo soggettivo, inclusi quelli di natura disciplinare, ugualmente soggetti all’iter precedente;
  • Licenziamenti per il raggiungimento del limite massimo d’età per la fruizione della pensione di vecchiaia;
  • Licenziamenti determinati dal superamento del periodo di comporto;
  • Licenziamenti per inidoneità;
  • Licenziamenti dei dirigenti motivati per cause giuste;
  • Licenziamento per mancato superamento del periodo di prova;
  • Licenziamento dei lavoratori domestici ad nutum
  • Risoluzione del rapporto di apprendistato.

Rriguardo all’apprendista che sta completando il periodo di formazione, la sospensione dei licenziamenti non è applicabile in quanto l’art. 42, comma 4 del d.Lgs. n. 81 del 2015 non è stato modificato dall’art. 46 del DL. 18/2020

Non si può sospendere l’atto di licenziamento al termine del periodo di prova poiché l’art. 46 del DL. 18/2020 fa riferimento solamente ai casi di licenziamento collettivo e licenziamenti individuali per giustificato motivo economico e/o oggettivo.