Lavorare in gravidanza, a differenza da quello che si pensava un tempo, non è affatto sconsigliato, a meno che si configurino dei rischi che potrebbero sconsigliarlo o che si svolgano delle attività lavorative a rischio.
Per le neomamme, la normativa nazionale prevede delle tutele e dei diritti che consentono di proseguire la gravidanza in sicurezza e serenità e di avere garantito il lavoro al ritorno dal congedo di maternità, che è obbligatorio per le lavoratrici dipendenti.
Vediamo, allora, come funziona.
Mamme lavoratrici in Italia: conoscere le tutele
Come si può leggere in questo articolo che affronta le difficoltà e i rischi di lavorare in gravidanza, anche le donne incinte possono continuare a lavorare tranquillamente, a meno che vi siano motivazioni mediche che lo sconsiglino.
La continuazione del lavoro fino al congedo di maternità deve poi anche essere sottoposta all’esame delle condizioni di salute della futura mamma, ma anche alla valutazione del rischio in relazione alle condizioni ambientali e delle caratteristiche legate alla mansione lavorativa.
Se però non si tratta di una gravidanza a rischio e se il tipo di attività lavorativa non è inclusa tra quelle che richiedono la sospensione anticipata, si può lavorare tranquillamente.
In Italia, la maternità è uno dei motivi che ostacola maggiormente la carriera per le donne. Secondo le stime ben il 37% delle mamme di età compresa tra i 25 e i 49 anni con un figlio non lavorano. Tale percentuale sale oltre il 50% se si considerano le donne della stessa fascia di età con tre o più figli.
Proprio per questo motivo, essere a conoscenza delle tutele che sono garantite e non rinunciare a lavorare fin dalla gravidanza può aiutare a mantenere l’attività lavorativa e, non appena possibile, riprendere la carriera.
Ecco, dunque, quali sono le tutele e i diritti a cui possono accedere le donne in gravidanza e le mamme lavoratrici.
Tutele per lavorare in sicurezza in gravidanza
Le donne in gravidanza devono essere tutelate dal datore di lavoro, che ha l’obbligo di rispettare le norme di sicurezza per permettere loro di proseguire l’attività lavorativa senza rischi per la loro salute né per quella del bambino. Ciò riguarda, in particolare, i lavori pericolosi e di fatica per i quali si dovrà valutare l’idoneità della donna in gravidanza in relazione alla mansione che svolge.
In particolare, vengono considerati a rischio:
- Lavori pesanti in posizioni scomode e lavori che richiedono di sollevare pesi
- Lavori che richiedono la posizione in piedi per un periodo di tempo superiore a metà dell’orario lavorativo
- Lavori che costringono ad essere sottoposti a continue vibrazioni
- Lavori che espongono a sostanze chimiche dannose o ad altri agenti tossici o a radiazioni
- Lavori che richiedono di rimanere in ambienti sfavorevoli a causa del rumore, della polvere o delle temperature.
In tutti questi casi, si valuterà se possa essere affidata una mansione alternativa alla lavoratrice in gravidanza o se sia necessario il congedo anticipato.
Il congedo di maternità
Nel caso in cui non sia necessario il congedo anticipato a causa delle condizioni di salute della donna o del bambino né per il tipo di mansione lavorativa, il congedo di maternità ordinario è di 5 mesi complessivi. Non si tratta solo di un diritto per le neomamme, ma anche un dovere per il datore di lavoro: è vietata dalla legge, infatti, la rinuncia al congedo di maternità.
La legge prevede che tale periodo di tempo sia ripartito tra i due mesi precedenti e i tre successivi al parto. Tuttavia, con il consenso del medico che certifichi l’assenza di rischi, può essere posticipato di un mese. Inoltre, con il ddl 1334 Legge Bilancio 2019, si è concesso di prorogare ulteriormente l’inizio del congedo di maternità ai 5 mesi successivi al parto se, oltre al certificato del medico della lavoratrice, il medico del lavoro attesta che nei luoghi di lavoro non ci siano rischi per la salute di mamma e bambino.
Si tratta di una novità importante perché consente a molte donne che non hanno difficoltà in gravidanza di usufruire di un tempo più lungo per stare con il proprio bambino dopo il parto.
Durante il congedo di maternità, la lavoratrice gode di una indennità di maternità giornaliera pari all’80% dello stipendio.
Altri congedi dopo il parto
Dopo la nascita del bambino, esistono altre tutele e diritti per consentire alla famiglia di accudire il nuovo nato nel migliore modo possibile.
Il congedo parentale consente l’astensione facoltativa di uno dei due genitori per un periodo complessivo di 10 mesi entro il compimento del 12° anno di vita del bambino. Può essere goduto da uno dei due genitori per un periodo massimo di 6 mesi consecutivi, mentre per la sua durata completa può essere richiesto in modo frazionato o non consecutivo.
Il permesso per allattamento prevede due periodi di riposo di un’ora fino al compimento dell’anno del bambino. Se il datore mette a disposizione un asilo nido nella struttura lavorativa e la neomamma ne usufruisce, il periodo di riposo viene ridotto a mezz’ora. In caso di gemelli, le ore di pausa sono moltiplicate per il numero dei bambini.
Infine, il congedo per malattia prevede di potersi astenere dal lavoro, senza retribuzione, nel caso di malattia del bambino fino ai 3 anni. Dai 3 agli 8 anni sono concessi 5 giorni all’anno per ogni figlio e possono essere goduti alternativamente dai genitori.